Qui anche il bilancio sociale è partecipato. “Per scriverlo abbiamo coinvolto decine di soci e lavoratori, attraverso incontri in 5 regioni diverse”. I cartellini non ci sono, perché qui non si investe sul controllo, ma su qualcosa di molto più difficile, e più bello: sull’essere cooperativa. “Puntiamo all’appartenenza” e lo fanno con iniziative concrete: con tanta formazione, lo psicologo aziendale, il welfare culturale.
Il risultato è una cooperativa sociale che funziona, nata nel 2017 dalla fusione – sostenuta da Coopfond – tra Solidarietà 90 ed Argentovivo: “Erano due realtà che crescevano – racconta l’amministratrice delegata Elena Bertolini – ma abbiamo pensato che insieme sarebbero cresciute di più”. Siamo ad Accento, a Reggio Emilia, una realtà che ora si prepara – sostenuta sempre dal Fondo mutualistico, dopo essere rientrata regolarmente dal precedente intervento – ad acquistare la sede e ad investire su di sé e sul digitale per proseguire il cammino.
Qui si lavora solo per i minori: il 57% dell’attività è nell’area disabilità e inclusione, il 26% nei servizi per l’infanzia (15 nidi e 4 materne), più biblioteche, doposcuola, centri giovani. Dall’anno scorso sono iniziate anche le attività in area B, per l’inserimento lavorativo. Complessivamente 150 servizi gestiti in oltre 70 Comuni. Il nucleo è in Emilia-Romagna (matura qui il 59% del fatturato), ma la presenza è forte anche in Lombardia (32%) e sono stati vinti i primi bandi (“mai al massimo ribasso: a quelli non partecipiamo”) anche in Piemonte, Toscana e Liguria.
Domani amministratrice delegata e presidente saranno ad Arenzano: oltre 150 chilometri per incontrare i primi 25 dipendenti di Accento alle porte di Genova. “Lavoriamo sui territori, in modo capillare – spiega Bertolini – per far capire cosa vuol dire essere una cooperativa, per coinvolgere le persone. Oggi l’identità è sempre più fragile, si respira un individualismo soffocante. Bisogna far capire cosa vuol dire diventare socio, creare appartenenza, far crescere piccole comunità”. E Accento prova a farlo con qualche azione concreta.
“Dal Covid – ricorda Bertolini – abbiamo lo psicologo in impresa, anzi oggi sono due, a cui tutti possono accedere. Facciamo tanta formazione, oltre 14mila ore all’anno, e investiamo sul welfare culturale, dai biglietti per le mostre agli eventi, per contrastare l’isolamento ma soprattutto perché non puoi essere educatore se non hai interessi culturali. Proviamo a coltivare il legame tra l’etica e l’estetica, convinti che chi vive nella bellezza non accetta la disuguaglianza”.
Qui i cartellini non esistono: “per chi lavora con i bambini, con le fragilità – spiega l’amministratrice delegata – il controllo deve essere autocontrollo, che nasce appunto dall’appartenenza e dalla responsabilità”. Accento è veramente una cooperativa femminile: su 1.187 persone occupate 1.087 sono donne. E, per una volta, se è rosa la base lo è anche il vertice: sono donne la presidente, l’amministratrice delegata, la maggioranza del Consiglio di amministrazione e pure della Direzione operativa.
La fatica non manca. “Il 92% di chi lavora in Accento – racconta Bertolini – ha, per scelta, un contratto part time e dobbiamo confrontarci con Piani sanitari costruiti per realtà con persone a tempo pieno. I nostri costi sono necessariamente più alti”. Fra quadrare i conti è complesso, come rinunciare al controllo per investire sulla partecipazione e la responsabilità. Ma va bene così, e scorciatoie non ce ne devono essere: “La cooperativa è una cosa bella e come tutte le cose belle è difficile”.
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