Investitori istituzionali operanti sul fronte previdenziale, fondazioni locali e finanziarie regionali oltre a istituiti finanziari pubblici. Sono i soggetti che secondo Giovanni Di Corato, CEO di Amundi RE Italia SGR, potrebbero essere coinvolti nella costituzione di un Fondo dedicato a dare maggior forza – e soprattutto potenzialità di sviluppo nel medio-lungo periodo – ai workers buyout in Italia.
Lo racconta in questa intervista realizzata a margine dell’iniziativa “Transizione verso assetti proprietari alternativi e WBO” organizzata da Amundi – primo asset manager europeo, fra i primi 10 operatori a livello mondiale – e Coopfond, in collaborazione con Area studi Legacoop e Teha (The European House – Ambrosetti), il 13 novembre scorso a Padova.
- Quali sono gli interessi principali di Amundi nel lanciare un fondo dedicato ai WBO? Quali opportunità vi intravede la vostra organizzazione?
Premesso che al momento non è stato lanciato alcun fondo, ma semplicemente è stata espressa l’idea di lavorare al lancio di una nuova tipologia di Fondo, Amundi considera importate sotto il profilo strategico impegnarsi in iniziative innovative nel campo del cosiddetto impact investing e ritiene i WBO un campo d’intervento, sebbene complesso e sfidante, molto promettente in tale prospettiva e soprattutto ove i requisiti d’intenzionalità, addizionalità e misurabilità siano immediatamente percepibili.
- Quali sono, secondo Lei, ad oggi i punti di forza e di debolezza dell’attuale scenario di sviluppo dei WBO in Italia?
Il punto di forza del nostro paese è che grazie agli strumenti finanziari pubblici agevolati attivi ormai da decenni il fenomeno dei WBO si potrebbe dire che abbia un track-record e che esso sulla base delle evidenze empiriche rilevabili sia stato tutto fuorché insoddisfacente. Il punto di debolezza, ma questo non è un tema solo italiano, è l’assenza di risorse finanziarie “molto pazienti”, necessariamente non esclusivamente pubbliche, che supportino le imprese oggetto di WBO negli importanti investimenti fissi, successivi alla vera e propria fase di “recupero”, necessari ai fini di una loro crescita nel lungo termine.
- Quali sono a suo parere, a valle dell’iniziativa del 13 novembre scorso, le reali prospettive per il fondo che avete lanciato? Quali gli attori che potrebbero essere davvero interessati e coinvolti?
L’iniziativa del 13/11 ha semplicemente cercato di porre l’attenzione sul tema dei WBO evidenziando come essi rappresentino una “storia”, sebbene di nicchia, nel complesso positiva, e come essi possano potenzialmente crescere di numero visto che un simile “protagonismo imprenditoriale” dei lavoratori risponderebbe a bisogni concreti, in parte pressanti, originati dai limiti della struttura produttiva del nostro paese. In merito agli investitori che potrebbero essere coinvolti, l’iniziativa da noi evocata potrebbe parlare in primo luogo, ma non esclusivamente, a tutti gli investitori istituzionali operanti sul fronte previdenziale, alle fondazioni locali e alle finanziarie regionali oltre che a istituti finanziari pubblici al centro della cui missione strategica ci stiano interventi diretti alla sviluppo dei territori e della loro struttura produttiva.