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Lusetti e Gamberini al workshop “La cooperazione come argine alle disuguaglianze”

Il presidente Mauro Lusetti e il direttore generale di Coopfond Simone Gamberini hanno partecipato ieri a Bologna al workshop organizzato da Forum Disuguaglianze e Diversità e Fondazione Unipolis “La cooperazione come argine alle disuguaglianze e abilitatatore di giustizia sociale”. Gamberini ha co-presentato il documento, mentre il presidente è intervenuto a commento delle proposte contenute per migliorare la funzione economica e sociale della cooperazione italiana.

 

La cooperazione è una “forma di democrazia economica che ha bisogno di autoriformarsi ma che può essere estremamente utile – come ha spiegato Lorenzo Sacconi dell’Università di Milano – per combattere le disuguaglianze”. Quattro i capisaldi attorno a cui lavorare per rafforzare questo ruolo, secondo Francesco Vella dell’Università di Bologna: “Accountability, trasparenza, rendicontazione e partecipazione”.

 

“La più trasversale delle disuguaglianze, che viene prima di quelle generate dalla ridistribuzione della ricchezza – ha spiegato Raffaella Palladino della cooperativa sociale EVA – è quella di genere, che ha a che vedere con l’ordine simbolico che attiene alla nostra identità. Non c’è una disuguaglianza più evidente e meno affrontata: l’Italia è ultima in Europa per tasso di occupazione femminile. La cooperazione può e deve giocare un ruolo importante per rimuovere i vincoli e liberare le capacità di giovani e donne, per renderli capaci di essere partecipi”.

 

“Durante e dopo la pandemia – ha raccontato Simone Gamberini nel suo intervento, dedicato ai beni comuni e alle cooperative di comunità – sono nate numerose forme di auto organizzazione tra i cittadini che possono essere intercettate dalla cooperazione in un dialogo capace di valorizzarle. Le cooperative di comunità sono sicuramente un modello efficace per gestire beni e anche servizi, ma tanto altro si sta muovendo. Penso alla nascita di piattaforme che non estraggono ma redistribuiscono valore verso la comunità, alle possibilità di co-progettazione dei servizi, all’importanza di favorire la partecipazione delle cooperative alla gestione dei beni comuni”.

 

Tante le sfide. Per vincerle è fondamentale che le “modalità di governance della cooperazione garantiscano davvero – ha concluso Gamberini – porta aperta e democraticità”. Anche Riccardo De Facci del Coordinamento nazionale comunità di accoglienza, parlando di cooperazione come motore dei diritti, ha sottolineato l’importanza della sfida che questo universo ha di fronte a sé in questa fase: “La cooperazione non deve essere presente solo come ente gestore – ha sottolineato – ma come creatrice di valore per il territorio”.

 

Prima delle conclusioni di Fabrizio Barca del Forum Disuguaglianze e Diversità, alcuni interventi hanno rimarcato altrettanti passaggi importanti del documento. Rita Ghedini, presidente di Legacoop Bologna ha evidenziato – tra i 4 termini proposti da Vella – l’importanza della “partecipazione, obiettivo cardine per la cooperazione che deve guidare nella definizione delle forme da adottare anche nei casi in cui lo scambio mutualistico è plurimo e quindi complesso e a rischio di conflittualità”.

 

Su questo punto si è soffermato anche il presidente nazionale Mauro Lusetti: “Lo scambio mutualistico evolve, ma deve essere sempre chiaro e preciso, affinché il CdA non diventi il luogo in cui si sfogano conflittualità tra i soci quando lo scambio è plurimo. Siamo scuola di democrazia solo se mettiamo davvero tutti i soci in condizione di partecipare, e in questo la tecnologia ci aiuta”. Per l’autoriforma servono interventi legislativi e alleanze, ma Lusetti si è manifestato scettico sull’introduzione di un Authority esterna, una scelta “piena di rischi, a partire dall’ottica che dovrebbe adottare: premiale o punitiva?”.

 

Da questo stesso tema è partito l’intervento di Pierluigi Stefanini: “È un tema su cui ci confrontiamo da tempo: io penso che sia difficile ma necessario trovare una strada per l’Authority. Sarebbe fonte di ambiguità continuare ad essere contemporaneamente il soggetto che deve tutelare gli interessi e controllare la correttezza dei comportamenti. E fondamentale è anche aiutare le cooperative a controllarsi reciprocamente, costruendo schemi di riferimento”. Le tecnologie sono oggi un elemento ambivalente, tra il rischio di essere strumento del capitalismo avanzato e indubbie potenzialità inclusive: “Anche qui il ruolo della cooperazione si candida ad essere centrale. Abbiamo gli strumenti per leggere in profondità le disuguaglianze del Paese: se lo fa bene può giocare un ruolo essenziale sulla co-progettazione, da soggetto trainante”.

 

 

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