Skip to content

Workers buyout, in Umbria 15 imprese salvate dai lavoratori insieme a Coopfond

Quindici workers buyout realizzati per 386 posti di lavoro salvati. Sono racchiusi in questi due numeri i risultati dell’impegno che Legacoop Umbria, con il supporto di Coopfond, ha messo in campo in questi anni per permettere a tanti ex dipendenti di riunirsi in cooperativa e salvare la propria azienda, rilevandola da una situazione fallimentare o da una delocalizzazione.

I dati sono emersi nel corso dell’evento “Workers buyout, quando i lavoratori salvano le imprese” che si è svolto a Perugia giovedì 9 novembre, organizzato da Legacoop Umbria insieme all’Ordine dei commercialisti e a cui ha partecipato Paola Bellotti, direttrice dell’area Sostenibilità e sviluppo di Coopfond, raccontando l’impegno del Fondo in questa direzione.

“Ci siamo chiesti – spiega Liana Cicchi, vicepresidente di Legacoop Umbria – chi fosse l’interlocutore privilegiato per veicolare questa possibile soluzione d’impresa, quando c’è una crisi o un difficile ricambio generazionale. La risposta è stata ovvia, chi meglio dei Dottori Commercialisti che conoscono le reali situazioni delle imprese, le competenze all’interno delle stesse e possono prospettare questa soluzione in situazioni critiche”.

Dal 2008, ha raccontato Paola Bellotti, Coopfond in Italia ha sostenuto 71 workers buyout, che hanno permesso di salvare 1.791 posti di lavoro attraverso un investimento pari a 25 milioni di euro, di cui 10 per finanziamenti e 15 per partecipazioni temporanee che in questo caso possono arrivare fino al 145% del capitale sociale sottoscritto dai lavoratori soci (solitamente il Fondo interviene con una somma al massimo pari a quella sottoscritta dai soci).

Ma il supporto di Coopfond non si ferma qui: “Sviluppiamo – ha spiegato Paola Bellotti – un’attività di accompagnamento e consulenza nella predisposizione del business plan e degli atti societari e contrattuali, anche con l’inserimento di manager e professionisti a supporto del percorso di formazione e riqualificazione interna del personale, e l’attivazione della rete degli strumenti finanziari, da CFI a Banca Etica”.

Esistono numerose agevolazioni previste dalla normativa italiana (Legge 145, Naspi, legge 142/2001), ma il workers buyout è un’operazione complessa, che può essere affrontata solo se il progetto risponde a determinati presupposti: “Il piano d’impresa – ha ricordato Bellotti – deve essere in linea di massima in discontinuità con il passato, va analizzata la struttura produttiva per verificarne la tenuta, deve esserci un management adeguato capace di far fronte anche ad eventuali riduzioni dell’organico”.

Ne vale comunque la pena: “Le percentuali dei fallimenti a dieci anni – ha spiegato Michele Pallini di Legacoop – sono inferiori al 15%, a fronte del 70% / 80% di probabilità di fallire per le start up. I processi di WBO che vanno a buon fine consentono di evitare la disoccupazione e di creare nuova occupazione; preservano ricchezza, professionalità e competenze; ma sopratutto mantengono unità produttive sul nostro territorio”.

Ti è piaciuto l'articolo?

Share on facebook
Condividilo su Facebook
Share on twitter
Condividilo su Twitter
Share on linkedin
Condividilo su Linkedin
Share on email
Condividilo via email