Coopfond ha partecipato al Global Impact Investing Network Impact Forum 2023, un evento globale sugli investimenti a impatto che si è svolto a Copenhagen e a cui hanno preso parte una vasta gamma di leader provenienti da sei continenti. In particolare per il Fondo mutualistico Paola Bellotti, direttrice dell’Area Sostenibilità e Sviluppo, ha partecipato giovedì 5 settembre alla sessione Strutture di investimento rigenerative: modelli di proprietà collettiva.
Tre le domande attorno a cui è ruotato il contributo di Coopfond, chiedendosi perché valga la pena creare questi modelli di business non tradizionali, Bellotti ha raccontato l’esperienza emblematica dei workers buyout, capaci di salvare e rigenerare posti di lavoro, superando le logiche delle multinazionali e rigenerando imprese a beneficio delle persone e del sostentamento delle comunità, contribuendo all’uguaglianza economica.
Gli altri membri del panel hanno spiegato alcuni schemi esistenti negli Stati Uniti, come le “Employee Owned Trust (EOT)” oppure gli “Employee Stock Ownership Plans (ESOP)”. Gli EOT si utilizzano per favorire l’acquisto della azienda da parte dei lavoratori quando il proprietario originale vuole andare in pensione e non ha nessuno a cui lasciare l’azienda. Gli ESOP sono piani di partecipazione azionaria dei dipendenti che offrono azioni dirette dell’azienda, piani di partecipazione agli utili o bonus e il datore di lavoro ha l’esclusiva discrezione nel decidere chi può avvalersi di queste opzioni.
“I lavoratori – ha raccontato Paola Bellotti – ottengono capitale da investire nella WBO attraverso la NASPI, mentre noi acquistiamo azioni per la stessa quantità posseduta dai lavoratori. Il finanziamento del debito e le linee di credito a breve termine provengono sia da CFI, intermediario finanziario pubblico creato a questo scopo, sia da Banca Etica, partner bancario. L’intero processo di riavvio dell’azienda può richiedere molto tempo e necessita di assistenza tecnica su competenze commerciali e gestionali”.
Come mai allora questi schemi di proprietà collettiva dei dipendenti non è quasi mai lo status quo? Quali sono le sfide e gli ostacoli che si frappongono alla realizzazione di questo progetto? “Il cuore delle nostre sfide – ha spiegato Paola Bellotti – è questo: come formare i lavoratori a diventare imprenditori e manager. Passare da un’azienda tradizionale a una cooperativa di proprietà dei lavoratori, dove vige la regola “una testa un voto” non è semplice. L’infrastruttura, che tutti sappiamo essere necessaria per gestire un’azienda, spesso è da costruire quasi da zero”.
È anche molto complessa l’uscita da una WBO: “Raramente – ha ammesso Bellotti – usciamo completamente, anche se 10 anni è il periodo massimo di investimento per noi. Questo per due ragioni: il nostro capitale è necessario per la leva finanziaria, e per accumulare riserve sufficienti per queste cooperative a volte è necessario un periodo più lungo. Senza dimenticare che non esiste un mercato per queste quote azionarie, anche se stiamo lavorando al progetto di una ‘borsa sociale/di impatto’, ad oggi è impossibile trovare altri investitori per i WBO maturi”. Nel caso degli altri membri del panel, spesso si tratta di far conoscere meglio queste tipologie di servizi finanziari per i dipendenti perché sono parecchio sconosciute agli imprenditori e alle aziende tradizionali.