“Con la cultura non si mangia”, diceva un nostro ministro. Poi incontri quelli di CoopCulture (nata nel 2010, dalla fusione di due cooperative, Pierreci e Codess Cultura, operanti in territori diversi ma nell’ambito dello stesso settore, legato ai servizi culturali dedicati al pubblico di musei, monumenti e biblioteche…) e capisci tutto.
Capisci che lo sviluppo economico di un paese passa anche per la valorizzazione del suo patrimonio artistico.
Basta lasciar parlare i numeri della cooperativa, che di questo “precetto” ha fatto la sua bandiera, senza mai perdere i valori fondanti di partecipazione, mutualità e solidarietà: più di trenta anni d’esperienza, un fatturato di oltre 43 milioni di euro, l’accoglienza di 11 milioni di visitatori ogni anno e la presenza in ben quindici regioni italiane (con un occhio di riguardo per le regioni del Sud, come la Campania, la Puglia e la Sicilia).
Ma non solo. “CoopCulture – per citare le parole di Giovanna Barni, presidente della cooperativa – ha sempre messo in atto una strategia di crescita sostenibile, che poi ha significato migliorare il nostro settore ed il contesto di mercato e realizzare partnership ‘intelligenti’ tra il pubblico, il privato e gli attori del territorio.
Lo dimostra anche il nostro ultimo progetto, Rete Culture, che noi proponiamo come una piattaforma di collaborazione a supporto della crescita di nuove o più piccole cooperative, mettendo a disposizione di queste ultime gli strumenti e le capacità gestionali di CoopCulture”.
Il tutto, grazie anche all’apporto fondamentale di una base sociale – CoopCulture ha circa 800 soci, divisi tra esperti di tecnologie applicate, mediatori culturali, addetti al marketing – formata quasi interamente da laureati, in prevalenza donne, con un’età media che va dai trenta ai quaranta anni.
Donne, giovani e laureate. Sembra un sogno…