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“Ecco come possiamo far crescere le Comunità energetiche rinnovabili”

“Per sbloccare il potenziale delle Comunità energetiche rinnovabili, in Italia, credo che sia fondamentale snellire il quadro normativo: semplificare l’accesso alla rete per le realtà su piccola scala sarebbe fondamentale. Abbassare le tariffe di connessione e offrire permessi rapidi con tempistiche chiare eliminerebbe le barriere più importanti”. Ce lo ha raccontato Sara Tachelet – coordinatrice del progetto Rescoop, la più grande federazione di comunità energetiche a livello europeo – che abbiamo intervistato per capire come si muovono le Comunità energetiche rinnovabili in Europa e che cosa potrebbe fare l’Italia per accelerare il loro sviluppo.

 

  1. Qual è il trend di crescita delle CER in Europa? Quali sono le differenze da Paese a Paese, ovvero chi sta registrando la crescita maggiore?

La crescita delle Comunità per l’Energia Rinnovabile (CER) in Europa è in costante aumento, soprattutto dopo l’adozione del Pacchetto Energia Pulita per Tutti gli Europei nel 2019 e l’attuazione della Direttiva sulle Energie Rinnovabili (RED II). Questo fenomeno è stato ulteriormente favorito da iniziative come l’European Green Deal e REPowerEU. Paesi come la Germania, i Paesi Bassi, la Danimarca e l’Irlanda stanno assistendo a una rapida espansione, soprattutto grazie a normative favorevoli, finanziamenti accessibili e alti livelli di impegno sociale.

D’altro canto, alcuni Paesi dell’Europa orientale – tra cui Bulgaria, Cechia e Polonia – sono in ritardo. Ciò è dovuto in gran parte ai ritardi nel recepimento della RED II nelle leggi nazionali, agli ostacoli amministrativi, agli alti costi di connessione alla rete e ai limitati meccanismi di supporto. La discrepanza nella crescita è evidente: i Paesi con un quadro normativo forte e sistemi finanziari di supporto tendono ad essere leader, mentre quelli che devono affrontare sfide burocratiche e risorse limitate rimangono indietro.

 

  1. Quali sono gli elementi che determinano questa accelerazione, dove si verifica? E quali sono le ragioni del ritardo italiano?

L’accelerazione delle CER dipende da tre fattori principali: quadri normativi, sostegno finanziario e impegno dei cittadini. La chiarezza normativa è essenziale: i Paesi che hanno adottato per primi la RED II, come la Germania con la sua legge sulle energie rinnovabili (EEG), hanno visto un rapido aumento delle formazioni di CER. Questo perché politiche come il net-metering, i modelli di condivisione dell’energia e l’accesso diretto al mercato per i cittadini favoriscono lo sviluppo delle CER. Tuttavia, la mancanza di chiarezza giuridica può creare incertezza, scoraggiando gli investimenti.

Anche gli incentivi finanziari sono fondamentali. Molte CER non dispongono di finanziamenti significativi nelle fasi iniziali e si affidano a programmi di sovvenzioni, sussidi o prestiti a basso interesse. I Paesi Bassi, ad esempio, dispongono di un fondo di sviluppo rotativo che ha attivato 11 progetti CER eolici e 23 progetti fotovoltaici di grandi dimensioni. In Danimarca, il governo sostiene le comunità energetiche locali con circa 0,67 milioni di euro all’anno, incentivando le iniziative locali.

L’impegno e la fiducia dei cittadini giocano un ruolo importante. In Danimarca, il movimento cooperativo per l’energia prospera grazie a una lunga tradizione di proprietà locale. Il capitale sociale e la fiducia nelle cooperative possono aumentare notevolmente la partecipazione.

Credo che in Italia il ritardo derivi dalla più lenta adozione della RED II. Il quadro giuridico necessario è stato emanato solo nel 2021, il che ha ritardato l’attuazione pratica. L’ambiente normativo rimane complesso e gli alti costi di connessione alla rete costituiscono un ostacolo per le piccole comunità energetiche. Inoltre, il mercato italiano dell’energia è dominato da grandi operatori storici, con una limitata proprietà della rete decentralizzata. Detto questo, l’Italia sta facendo progressi: il suo Piano di ripresa e resilienza, ad esempio, punta a 2 GW di capacità di energia rinnovabile attraverso le CER entro il 2026, soprattutto nei comuni più piccoli.

  1. Di cosa hanno bisogno gli operatori finanziari privati per investire nelle CER?

Gli investitori privati sono generalmente cauti e cercano alcune condizioni chiave prima di investire nelle CER. In primo luogo, hanno bisogno di certezza normativa: un quadro stabile e a lungo termine che garantisca flussi di entrate prevedibili, sia attraverso contratti di acquisto di energia (PPA), tariffe premio o schemi di finanziamento conto terzi. Regolamenti poco chiari o fluttuanti scoraggiano gli investitori.

Anche i meccanismi di de-risking sono essenziali. I fondi pubblici possono contribuire a ridurre il rischio degli investimenti, rendendo gli operatori privati più disposti a partecipare. Inoltre, gli investitori sono più propensi a sostenere progetti CER aggregati, in cui diverse iniziative più piccole vengono messe insieme per creare un pacchetto finanziariamente più valido.

Infine, gli investitori cercano ritorni competitivi sugli investimenti. I progetti CER devono dimostrare la competitività dei costi rispetto agli impianti di energia rinnovabile convenzionali e fornire una chiara strategia di uscita per gli investitori privati.

 

  1. Cosa permette e cosa, viceversa, ostacola la partecipazione dei cittadini alle CER?

La partecipazione dei cittadini si basa su due pilastri principali: la consapevolezza e la fiducia. I cittadini devono conoscere le opportunità offerte dalle CER e hanno bisogno di informazioni chiare e accessibili su come partecipare. Nei casi in cui le CER sono nuove, la creazione di fiducia è fondamentale: i potenziali partecipanti potrebbero esitare a investire tempo o denaro senza avere fiducia nell’iniziativa.

Una delle sfide più grandi è la mancanza di informazioni. In molti luoghi, semplicemente non ci sono abbastanza indicazioni pubbliche su come avviare una CER o su dove trovare supporto tecnico e finanziario. Inoltre, molte CER faticano a raggiungere dimensioni tali da poter sostenere dipendenti a tempo pieno. La trasparenza, soprattutto per quanto riguarda prezzi, contratti e rischi, è essenziale per la fiducia dei consumatori.

Anche i fattori culturali possono giocare un ruolo importante. In alcuni Paesi le cooperative sono viste con sospetto, spesso a causa di associazioni storiche, come in alcuni Paesi dell’Europa orientale, dove le cooperative sono legate all’era sovietica. Questa diffidenza può ostacolare l’auto-organizzazione, rendendo più difficile il coinvolgimento dei cittadini nelle comunità energetiche.

 

  1. Qual è la prima cosa che farebbe, se fosse in suo potere, per sbloccare la situazione italiana?

Il movimento CER italiano lo sa meglio di chiunque altro! Ma per sbloccare il loro potenziale, credo che sia fondamentale snellire il quadro normativo: semplificare l’accesso alla rete per le CER su piccola scala sarebbe fondamentale. Abbassare le tariffe di connessione e offrire permessi rapidi con tempistiche chiare eliminerebbe le barriere più importanti. Anche l’incentivazione delle autorità locali a sostenere attivamente le CER, ad esempio imponendo ai comuni al di sopra di una certa dimensione di istituire almeno una CER, potrebbe stimolare la crescita.

Inoltre, un fondo nazionale incentrato sulla riduzione del rischio dei progetti CER nelle fasi iniziali potrebbe contribuire a creare slancio. In questo modo sarebbe più facile per le comunità iniziare in piccolo e scalare i loro progetti man mano che acquisiscono fiducia e stabilità finanziaria.

 

  1. Qual è il fattore principale, l’elemento nuovo, di cui c’è più bisogno e su cui, come movimento cooperativo italiano, dovremmo concentrarci in via prioritaria?

Partenariati strategici. È fondamentale incoraggiare la collaborazione tra comuni, cooperative e settore privato. I comuni possono fornire un sostegno vitale, sia attraverso terreni, investimenti iniziali o assistenza amministrativa. Allo stesso tempo, il movimento cooperativo dovrebbe spingere per strumenti di finanziamento innovativi come le obbligazioni comunitarie o verdi. Questi strumenti potrebbero consentire ai cittadini di partecipare, anche con piccoli investimenti di capitale, contribuendo a costruire un movimento di comunità energetiche più forte e resiliente.

(foto © EWS Schönau)

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